Il condominio può vietare le zanzariere?

2023-02-22 16:40:15 By : Mr. ZhiXiang Yin

È esclusa la violazione dell’estetica del palazzo se la zanzariera è dello stesso colore delle ringhiere e degli infissi.

Quali autorizzazioni ci vogliono per montare una zanzariera su finestre e balconi in un palazzo condominiale? Nessuna. Chi intende montare una rete per proteggersi da mosche, zanzare e altri insetti può farlo in autonomia senza dover prima chiedere il permesso all’assemblea o tantomeno all’amministratore. Deve però sapere che se la zanzariera lede l’estetica della facciata il condominio ne può chiedere la rimozione. Ed è proprio questo il punto più dibattuto: quando la zanzariera si può dire contraria al cosiddetto «decoro architettonico»? Di tanto si è occupata una recente pronuncia Tribunale di Milano [1]. Il cuore della sentenza è abbastanza semplice e ricalca un precedente dello stesso foro (leggi Per installare una zanzariera ci vuole il permesso del condominio?): salvo che il regolamento disponga diversamente, quando la zanzariera è in tinta con le ringhiere ed è rimovibile non costituisce un’alterazione delle linee architettoniche dell’edificio.

Di certo, il regolamento di condominio può anche fornire una interpretazione più rigida del concetto di «estetica della facciata condominiale», finendo per vietare qualsiasi tipo di zanzariera o imponendo particolari procedure (ad esempio il previo nulla osta dell’assemblea). Ma per poter limitare il diritto di proprietà dei condomini è necessario che si tratti di un regolamento approvato all’unanimità. Solo il consenso di tutti, infatti, è in grado di vincolare le attività dei proprietari all’interno dei rispettivi appartamenti (si tratterebbe infatti non già di un veto imposto da un organo esterno, quale l’assemblea, ma di una autolimitazione). Dunque, il condominio può vietare le zanzariere solo in presenza di una apposita clausola contenuta in un regolamento approvato all’unanimità. Diversamente, la zanzariera in linea con il decoro architettonico – nella generica accezione richiamata dal codice civile [2], come insieme delle linee architettoniche caratterizzanti l’edificio – e che magari si mimetizza alla perfezione essendo dello stesso colore di infissi e grate, non può considerarsi vietata.

La zanzariera può essere vietata solo da un regolamento condominiale approvato all’unanimità

A tal proposito è bene ricordare che il regolamento può essere approvato all’unanimità in due modi diversi:

Sintetizzando, secondo la sentenza in commento, il condominio non può vietare la zanzariera se questa:

In assenza di suddetta clausola, l’assemblea non può far rimuovere la zanzariera che ha caratteristiche intrinseche ed estrinseche che la connotano come un’alterazione non appariscente. Un tipo di zanzariera in linea con i colori della facciata con montanti e tendaggi discreti, che non risaltano rispetto alle ringhiere del balcone, non può ritenersi un pregiudizio estetico, specie se può facilmente essere smontata d’inverso.

Il giudice è chiamato anche a tenere conto delle caratteristiche del singolo edificio, che può essere di maggiore o minor pregio, e di accertare se vi sia un danno economico insito nell’eventuale pregiudizio estetico.

La questione è stata affrontata negli stessi termini dalla Cassazione [3] secondo cui in materia di condominio di edifici, le norme del regolamento di natura contrattuale possono prevedere limitazioni ai diritti dei condomini, nell’interesse comune, sia relativamente alle parti comuni, sia riguardo al contenuto del diritto sulle parti di esclusiva proprietà; ne consegue che, in presenza di una clausola di detto regolamento vietante variazioni all’aspetto esterno dell’immobile, è valida la delibera condominiale che vieti ad un condomino l’installazione sul balcone di sua proprietà esclusiva di una zanzariera che, per le sue caratteristiche (nel caso, formata da telaio in alluminio installato lungo il perimetro esterno del balcone dell’appartamento) risulti immediatamente visibile dall’esterno e lesiva del decoro architettonico dell’edificio.

[3] Cass. sent. n. 8883/2017: la norma dell’art. 1122 c.c., nel vietare a ciascun condomino di eseguire opere sulla sua proprietà esclusiva che rechino danno alle parti comuni, per ciò stesso non vieta di mutare la semplice destinazione della proprietà esclusiva ad un uso piuttosto che ad un altro, purché non siano compiute opere che possano danneggiare le parti comuni dell’edificio o che rechino altrimenti pregiudizio alla proprietà comune; la disposizione trova applicazione solamente in mancanza di norme regolamentari di natura contrattuale limitative della destinazione e dell’uso delle porzioni immobiliari di proprietà esclusiva di un edificio condominiale.

Cassazione civile, sez. II, 29/04/2005, (ud. 02/07/2004, dep.29/04/2005), n. 8883

Con atto di citazione notificato il 15.9.1994 A.C., proprietario di un immobile compreso nell’edificio condominiale di Via via conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di Milano il suddetto Condominio chiedendo dichiararsi la nullità della delibera assembleare del 24.6.1994 con la quale era stata rigettata la propria richiesta di autorizzazione ad installare una “zanzariera” a chiusura del balcone del suo appartamento ed era stato dato mandato all’amministratore di procedere alla rimozione dell’opera nel frattempo realizzata; l’attore assumeva che la delibera menzionata era nulla in quanto violava il suo diritto di proprietà esclusiva, che inoltre era priva di oggetto in quanto nessuna autorizzazione era stata richiesta, e che infine era illegittima avendo conferito all’amministratore un mandato estraneo alle sue attribuzioni.

Costituendosi in giudizio il Condominio convenuto eccepiva la decadenza dell’attore dalla facoltà d’impugnazione per l’avvenuto decorso del termine previsto dall’art. 1137 III comma C.C. e, nel merito, sosteneva la validità della delibera poiché l’innovazione realizzata era priva dell’autorizzazione condominiale, ed in ogni caso peggiorava l’aspetto esteriore dello stabile.

Il Tribunale con sentenza del 15.3.1999 accoglieva l’impugnazione –

A seguito di gravame da parte del Condominio di Via via cui resisteva il C., la Corte di Appello di Milano con sentenza del 7.11.2000 respingeva l’impugnazione proposta da quest’ultimo avverso la deliberazione di cui al punto VIII dell’Assemblea Condominiale del 24.6.1994.

Il Giudice di Appello, premesso che nella specie potevano essere valutati solo i dedotti profili di nullità della delibera assembleare, essendo gli eventuali vizi generatori di annullabilità ormai coperti dalla intervenuta decadenza, escludeva che la delibera impugnata potesse essere qualificata nulla.

Anzitutto la Corte territoriale riteneva insussistente una radicale carenza di potere da parte dell’Assemblea di “sindacare l’esecuzione di opere sulla proprietà privata del singolo Condomino”, come invece dedotto dall’appellante, trattandosi di un’opera consistente in un telaio di alluminio installato lungo il perimetro esterno del balcone del C., come tale incidente non solo all’interno della proprietà esclusiva, ma anche sull’aspetto esteriore della facciata dello stabile condominiale, essendo visibile dall’esterno; neppure poteva legittimamente ritenersi la delibera impugnata priva di oggetto in quanto avrebbe negato una autorizzazione mai richiesta, essendo evidente che l’assemblea – alla quale il C. aveva partecipato esprimendo le sue ragioni – aveva esaminato l’eventualità di una ratifica successiva dell’operato del suddetto condomino, decidendo invece ad ampia maggioranza di non procedere ad alcuna ratifica e, quindi, di agire per la rimozione della struttura installata.

Il Giudice di Appello riteneva quindi valido il conseguente mandato conferito all’amministratore di attivarsi per la rimozione dell’opera, mandato anzi superfluo, rientrando tra i poteri – doveri dell’amministratore quello di eseguire le delibere assembleari in materia di tutela delle parti comuni dello stabile.

Per la cassazione di tale sentenza il C. ha proposto un ricorso affidato ad un unico motivo cui il Condominio di Via via ha resistito con controricorso.

Preliminarmente deve essere esaminata l’eccezione del controricorrente di inammissibilità del ricorso per difetto di specialità della procura apposta a margine del ricorso stesso, in quanto contenente espressioni generiche prive di riferimento al giudizio di Cassazione.

Invero la procura in esame, facendo riferimento al “presente procedimento”, ed essendo apposta a margine del ricorso, rispetta sufficientemente il requisito di specialità, evincendosi chiaramente dal suo contenuto che la stessa è stata rilasciata proprio per il giudizio cui inerisce l’atto.

Venendo quindi all’esame del ricorso, si rileva che con l’unico articolato motivo il ricorrente, denunciando nullità della sentenza per omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione nonché violazione o falsa applicazione degli artt. 1120 II comma e 1137 C.C., censura la sentenza impugnata per aver ritenuto il C. decaduto dal diritto di impugnare la delibera assembleare del 24.6.1994 per essere insussistenti i motivi di nullità in proposito dedotti.

Il ricorrente, richiamando il principio giurisprudenziale secondo cui si considerano nulle le delibere assembleari che ledono i diritti di ciascun condomino sulle cose comuni o sulla proprietà esclusiva, assume che la delibera impugnata era nulla in quanto, vietando l’istallazione di una zanzariera, aveva limitato il libero esercizio del diritto di proprietà da parte dell’esponente nel proprio balcone; né poteva essere condiviso l’assunto della Corte territoriale secondo cui la necessità di una autorizzazione assembleare alla installazione della zanzariera sarebbe derivata dall’art. 2 lett. c del regolamento di condominio che prescrive, per le innovazioni che possono avere attinenza con l’aspetto esterno dell’immobile, l’approvazione dell’assemblea dei condomini: anzitutto, infatti la zanzariera non poteva essere configurata come una innovazione, che presuppone la destinazione del bene comune ad una funzione diversa da quella originaria, inoltre l’autorizzazione in questione doveva essere ricollegata al divieto di eseguire varianti all’immobile condominiale che ne possano pregiudicare la simmetria, l’estetica, la solidità e la sicurezza, infine la richiamata norma regolamentare riguardava solo le parti comuni dell’edificio e non le opere che il condomino può eseguire sulla sua proprietà esclusiva, per le quali trova semmai applicazione l’art. 1122 C.C..

Il C. aggiunge che comunque il Giudice di Appello non ha compiuto alcuna indagine sulla sussistenza della asserita lesione del decoro architettonico dello stabile condominiale.

Il ricorrente censura poi la sentenza impugnata per aver creduto di superare l’argomentazione dell’appellante – secondo cui la delibera impugnata era nulla in quanto priva di oggetto per aver negato una autorizzazione mai richiesta – facendo riferimento alla eventualità di una ratifica successiva del condominio poi negata ad ampia maggioranza: in realtà nessuna ratifica della condotta del C. era stata posta all’ordine del giorno dell’assemblea del 24.6.1994.

Infine il ricorrente rileva la nullità del mandato conferito dall’assemblea all’amministratore di procedere alla rimozione della zanzariera del balcone di sua proprietà, considerato che il potere – dovere dell’amministratore di eseguire le delibere assembleari si riferisce soltanto alle cose ed alle parti comuni, e non riguarda i diritti dei singoli condomini quali proprietari dei rispettivi appartamenti.

La Corte territoriale ha escluso la nullità della delibera impugnata così come invece prospettato dal C., che aveva evidenziato una radicale carenza di potere da parte dell’assemblea condominiale di “sindacare l’esecuzione di opere sulla proprietà privata del singolo condomino”, rilevando che la zanzariera in questione era costituita da un telaio in alluminio installato lungo il perimetro esterno del balcone dell’appartamento dell’attuale ricorrente incidente non solo all’interno della proprietà esclusiva, ma anche sull’aspetto esteriore della facciata condominiale, essendo immediatamente visibile dall’esterno; a tal proposito ha aggiunto che per le innovazioni di tale natura l’art. 2 lettera C) del regolamento condominiale prevedeva che “ogni altra variazione che comunque possa avere attinenza con la struttura organica, la stabilità o l’aspetto esterno dell’immobile dovrà sempre riportare l’approvazione dell’assemblea dei condomini”.

Ritenuto altresì che nella specie si è in presenza di un regolamento avente natura contrattuale (come sembra aver ritenuto sia pure implicitamente la sentenza impugnata e come espressamente dedotto nel controricorso del Condominio senza contestazioni al riguardo), sulla base di tali premesse di fatto deve escludersi la nullità della delibera impugnata per aver compresso illegittimamente il diritto di proprietà esclusiva del C., avuto riguardo all’orientamento consolidato di questa Corte secondo cui in materia di condominio di edifici le norme del regolamento di natura contrattuale possono prevedere limitazioni ai diritti dei condomini, nell’interesse comune, sia relativamente alle parti comuni, sia riguardo al contenuto del diritto dominicale sulle parti di loro esclusiva proprietà (vedi “ex multis”, Cass. 6.10.1999 n. 11121; Cass. 16.10.1999 n. 11692; Cass 25.10.2001 n. 13164; Cass. 7.1.2004 n. 23), come appunto si è verificato nella fattispecie mediante l’art. 2 lettera c) del menzionato regolamento condominiale.

L’applicazione di tale norma regolamentare alla zanzariera installata dal C. sul balcone del proprio appartamento è quindi conseguente al fatto che essa per le sue caratteristiche era immediatamente visibile dall’esterno e pertanto incideva sull’aspetto esteriore della facciata condominiale –

Neppure è fondato il richiamo del ricorrente all’art. 1122 C.C. (che, vietando a ciascun condomino di eseguire opere sulla sua proprietà esclusiva che rechino danno alle parti comuni, implicitamente riconosce il diritto di realizzare opere che non comportino alcun pregiudizio per la proprietà comune), posto che la suddetta norma trova applicazione soltanto in mancanza di norme regolamentari di natura contrattuale limitative della destinazione e dell’uso delle porzioni immobiliari di proprietà esclusiva (Cass. 17.4.2001 n. 5612), evenienza esclusa nella fattispecie alla luce della richiamata norma di cui all’art. 2 lettera C) del regolamento condominiale.

Sotto ulteriore aspetto, poi, non può riconoscersi maggior pregio al profilo di censura con cui il ricorrente lamenta la mancata indagine da parte del Giudice di Appello sulla sussistenza della asserita lesione del decoro architettonico dell’edificio a seguito della installazione della zanzariera in questione: da un lato infatti le considerazioni espresse e sopra richiamate nella sentenza impugnata in ordine alla operatività del menzionato art. 2 della lettera C) del regolamento condominiale integrano una “ratio decidendi” sufficiente a sorreggere la sentenza stessa, dall’altro lato deve osservarsi che l’impugnazione della delibera assembleare che abbia ritenuto la contrarietà al decoro architettonico di una data opera deve essere proposta nei termini stabiliti dall’art. 1137 C.C. (Cass. 11.8.1982 n. 4542), nella specie non osservati, secondo l’assunto del Giudice di Appello non oggetto di censure in questa sede.

Con riferimento alle ulteriori argomentazioni svolte dal ricorrente, deve poi escludersi la pretesa nullità della delibera impugnata per inesistenza dell’oggetto, atteso che il Giudice di Appello ha evidenziato che il C. aveva partecipato all’assemblea del 24.6.1994 esponendo le sue ragioni, e che pertanto deve ritenersi logicamente che con la delibera in questione il Condominio abbia voluto decidere sulla ratifica o meno dell’operato dell’attuale ricorrente riguardante l’installazione della zanzariera nel proprio appartamento –

Infine è palesemente infondato l’assunto del ricorrente in ordine alla dedotta nullità del mandato conferito dall’assemblea all’amministratore di procedere alla rimozione dell’opera dal balcone del C., posto che l’amministratore del Condominio ai sensi dell’art. 1130 primo comma C.C. deve eseguire le deliberazioni dell’assemblea dei condomini, eventualmente anche in via giudiziaria; al riguardo poi è stato ritenuto da questa Corte che l’amministratore di Condominio è legittimato a far valere in giudizio le norme del regolamento condominiale, anche se si tratta di clausole che disciplinano l’uso delle parti del fabbricato di proprietà esclusiva, allorché siano rivolte a tutelare l’interesse generale al decoro, alla tranquillità ed alla abitabilità dell’intero edificio (Cass. 23.10.1990 n. 10288; Cass. 6.8.1999 n. 8486).

Il ricorso deve quindi essere rigettato; le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento di Euro 100,00 per spese e di Euro 1500,00 per onorari di avvocato.

Così deciso in Roma il 2.7.2004.

DEPOSITATA IN CANCELLERIA IL 29 APR. 2005

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